Un’altra gocce di storia, questa volta sul confine italo – svizzero raccontata agli autori dal signor Gio’ Aramini, grande appassionato della storia del Monte Bisbino.
I cippi, le scalinate usate un tempo dalle guardie, la sola garrita in legno sopravvissuta in località Culma del Pizz (Pizzo Meda) per lui non hanno segreti. E poi la rete, la ramina. Correva quasi ininterrotta da Varese fino al Sasso Gordona nella Valle d’Intelvi. La prima ramina venne costruita nei dieci anni tra il 1890 e il 1900. Era tessuta sul posto da abili artigiani. Il materiale necessario – bobine di filo di ferro, pali, malta, cancelli – era portato a dorso di mulo. I pali venivano fissati in un quadrato di cemento. Poi si tesseva la ramina, a maglie larghe, alta tre metri. Sopra la ramina erano tesi tre fili di ferro sui quali venivano appese le campanelle. In alto le campanelle piccole, in mezzo le medie e in basso le grandi. Veniva anche disboscata un’aerea larga 10 / 20 metri lungo tutto il percorso della ramina, per permettere un maggior controllo. Ogni tanto veniva creato un passaggio rappresentato da un cancello con un grosso catenaccio. Di tutto questo oggi non esiste praticamente più nulla: solo i blocchi in cemento sono rimasti a marcare l’esatto percorso della prima ramina, che spesso non coincideva esattamente con il confine politico. L’area disboscata al di qua e al di là della ramina era considerata zona neutra. I sentieri dei doganieri, con le famose scalinate di migliaia di gradini in pietra, che spesso correvano vicini e paralleli alla ramina, oggi sono ancora percorribili nella loro quasi totalità . Il signor Aramini si è concentrato in modo particolare nella ricerca delle campanelle in bronzo. Oggi è molto difficile trovare delle campanelle integre, con il loro batacchio originale in ferro. Quando è stata tesa la ramina, le campanelle erano appese ogni 50 centimetri, sui fili in alto. Servivano da segnale d’allarme per le guardie la notte e nei giorni di nebbia. Di regola, di giorno il confine era infatti controllato a vista dai doganieri che si vedevano tra loro da garrita a garrita. L’illustrazione a lato mostra la prima ramina. Sui fili si vedono ancora le campanelle. Sembra strano ma da subito la popolazione vicina alla ramina cercò in tutti i modi di rubarle. Infatti avevano un valore notevole essendo in bronzo. Si racconta che persino un prete della regione del Bisbino inviasse i bambini, la domenica mattina dopo la Messa, a fare man bassa delle campanelle. Con il bronzo raccolto fu poi fusa la nuova campana del paese. Le guardie controllavano sempre e probabilmente rimpiazzavano le campanelle nei punti più a rischio. Un giorno il signor Aramini ha trovato in un ceppo di castagno un mazzo di campanelle legate assieme da un filo di ferro: era probabilmente il bottino di qualche ragazzo che, scoperto da una guardia, ha abbandonato sul posto la refurtiva prima di darsela a gambe.
Guido Codoni e Marco Della Casa